+ LAVORO + DIGNITÀ: la petizione de L’asSociata contro il caporalato

Con L’asSociata Roma abbiamo deciso di lanciare una petizione per combattere il fenomeno del caporalato. È un argomento che troppo spesso viene messo in secondo piano, che ci riguarda ogni giorno e di cui rischiamo di essere inconsapevolmente complici. Infatti, ogni giorno nei nostri supermercati vengono venduti prodotti agricoli che potrebbero essere frutto di un lavoro sotto padrone, magari coltivati per 1 euro l’ora in condizioni disumane. A questo diciamo basta, firma anche tu!

LA PETIZIONE: https://www.change.org/p/lavoro-dignità-contro-il-caporalato?redirect=false

L’Italia è il quarto produttore agricolo in Europa e conta 1.6 milioni di imprese (ICE, 2017) che contribuiscono ad un comparto agroalimentare che vale oltre 60 miliardi di euro.

Il 25% delle aziende agricole nazionali ricorre al caporalato: forma illegale di reclutamento e organizzazione della mano d’opera attraverso intermediari (caporali), che mettono in comunicazione domanda e offerta di lavoro. Il diritto ad un contratto, a garanzie e tutele si espande e si restringe secondo la volontà dei datori di lavoro e dei caporali.

Questo fenomeno è direttamente connesso con le agromafie: in Italia sono coinvolti 27 clan, ai quali si aggiungono le organizzazioni criminali straniere e in formazione. Il fatturato annuale delle agromafie si aggira intorno ai 24 miliardi di euro.

Sono tra 400.000 e 430.000 i lavoratori e le lavoratrici dell’agricoltura che hanno un ingaggio irregolare e lavorano sotto caporale. A fronte di un orario di lavoro superiore a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, fino a 14 ore giornaliere, la paga può scendere ad 1 euro l’ora (M. Omizzolo, 2019).

La dimensione padronale del rapporto tra caporale e lavoratore sottostà alla complicità con il fenomeno mafioso e si estende al di fuori del luogo di lavoro. Il lavoratore è costretto a pagare ogni tipo di servizio necessario per la propria attività lavorativa (trasporto) per il proprio sostentamento (cibo, servizi igienici, alloggio etc). Vessazioni e violenze subite nei campi si uniscono all’emarginazione fisica e sociale della vita nei ghetti, dove condizioni igieniche, sanitarie e qualità di vita non garantiscono la dignità che dovrebbe essere propria di ogni persona.

Le donne, in questo campo, hanno trattamento ancora peggiore: rispetto ai 37 euro guadagnati da un uomo, ricevono un compenso tra i 20 e i 22 euro giornalieri (Y. Sagnet, L. Palmisano, 2017). Le violenze nei confronti delle donne si estendono a ricatti e abusi sessuali, come testimoniato dallo sproporzionato numero di aborti delle ragazze romene registratosi negli ospedali della provincia siciliana di Ragusa: 119 nel 2015 e 111 nel 2016, pari al 20% degli aborti nell’intera provincia che è, infatti, la terza più grande in Europa per produzione di ortaggi, dove oltre 2.000 donne vivono in condizioni di grave sfruttamento.

Lo sfruttamento non interessa solo le campagne ma ha raggiunto le città ampliando la portata di questo fenomeno: tra i casi ritroviamo anche edilizia, assistenza domiciliare, commercio al minuto e al dettaglio. Inoltre attraverso le piattaforme di food-delivery assistiamo alla diffusione del caporalato digitale.

La condizione di sfruttamento è favorita da un quadro normativo inappropriato in materia di immigrazione e cittadinanza. La legge Bossi-Fini ha vincolato l’acquisizione del permesso di soggiorno, e quindi i diritti connessi ad esso, ad un contratto di lavoro che nella maggior parte dei casi non viene stipulato.

Data la portata restrittiva della legge sulla cittadinanza, le seconde generazioni corrono un rischio maggiore di cadere in condizioni di sfruttamento in quanto non necessariamente tutelate perché prive della cittadinanza italiana.

Abbiamo la responsabilità di garantire diritti, tutele e dignità a chi vive in Italia. Abbiamo la responsabilità di un Paese libero e democratico che ha il coraggio di non voltarsi dall’altra parte di fronte allo sfruttamento, alla miseria e alle violazioni dei diritti umani.

Chiediamo azioni concrete contro il caporalato:

  • Superamento della legge 189/2002 (Bossi-Fini) e revisione del sistema delle quote;
  • Modifica della legge 91/1992 sulla cittadinanza;
  • Impegno delle parti politiche e delle amministrazioni a costituirsi parte civile nei processi per caporalato;
  • Inserimento di una tutela in sede giudiziale, che oltre a proteggere chi denuncia si applichi anche ai testimoni, con successiva concessione di permesso di soggiorno;
  • Introduzione di un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro che abbia una durata non inferiore a 6 mesi;
  • Ratifica della convenzione Onu sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, approvata dall’Assemblea generale nel 1990 e mai ratificata;
  • Regolamentazione e tutela dei lavori della gig economy;
  • Approvazione del DDL 2404 in materia di contrasto dello sfruttamento lavorativo e per l’emersione del lavoro nero.

Lanciamo un appello a tutte le forze politiche chiedendo un impegno concreto per garantire diritti, tutele e dignità a tutte le persone che vivono in Italia.

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